Amphagis 2022 – mani nella terra

Eccomi, questo sono io alla fine di questa avventura, con la faccia stravolta, come provato da un’esperienza estrema. La fotografia è stata scattata dal dolce Seba, un attimo prima che gli offrissi una delle ultime liquerizie rimaste. La stella madre era già alta nel cielo e si faceva sentire forte, con la sua impetuosa amorevolezza. Nel frattempo Fifo e Fra mi stavano per raggiungere con gli ultimi bagagli, pronti a rimetterci in viaggio lungo la strada del ritorno, nella piena consapevolezza che iniziare il racconto di una storia partendo dalla fine non ha alcun senso. Allora, pertanto, possiamo ipotizzare di fare un passo indietro.

“come stravolto da un’esperienza estrema”

Avevamo detto ‘un nuovo inizio‘, ebbene, da quel luglio 2021 passarono circa 4 lune:

la stella madre divenne gradualmente più delicata, il calore discendente lasciò spazio alle gloriose nebbie, tutte da respirare a pieni polmoni nella contemplazione del bentornato autunno, indispensabile come sempre.

Avvenne così, durante una bella giornata decorata da un paesaggio intento in un cambio di abito. Gli alberi avevano perso il caratteristico verde estivo, lasciando sempre più spazio ai pigmenti caldi che giacevano, pazienti, al di sotto della clorofilla.

Arrivò una chiamata del dolce seba, un uomo incontrato nel lontano/vicino 2019 al primo evento condiviso ospitato in orto entelekia. In quel marzo di due anni fa, tra tutti i partecipanti seba fu il primo ad arrivare, e incontrandolo sentii subito un’affinità elettiva. Qualcosa di raro, di esemplare. La sensazione non fu come quando si incontra qualcuno, ma piuttosto come quando si ritrova un vecchio amico che non si vede da tanti anni, trascorsi senza mai smettere di pensarlo.

Dopo quell’esperienza siamo rimasti in contatto, sentendoci ogni tanto, potendo sperimentare l’intensità di un legame umano che trascende lo spazio-tempo. Ogni volta che lo sentivo sembrava passato 1 minuto dalla telefonata precedente, anche se ‘in realtà’ erano passati mesi.

E così mi chiamò, e mi disse qualcosa come: “ale mi piacerebbe aprire il mio orto in piemonte a un’esperienza condivisa, tipo quella che abbiamo vissuto da te in orto entelekia”.

Seguì un istante di silenzio, che interiormente fu un tempo vasto, ampio, in cui poter ascoltarmi profondamente. In cui poter contemplare come mi sento innanzi a questa proposta, dopo quasi 2 anni di introspezione forzata dal periodo pandemico e dalle correlate misure restrittive.

Mi sono ormai talmente abituato alla distanza sociale che una parte di me non si sente pronta a riaprirsi alla ‘vita vera’, al rapporto con gli altri nelle tre dimensioni, eppure.

Un’altra parte di me non stava aspettando altro che un’occasione come questa: la proposta di un’amico che arriva come una mano tesa nel momento del bisogno. Come poter non afferrarla ?

Accolgo la sua proposta, e vista l’incertezza dell’assetto sociale di quel momento ho scelto di non rendere pubblico l’evento, ma di condividere l’invito a un ristretto cerchio di amici, ovvero quelli incontrati online in concomitanza con l’evento “dall’orto all’agroforesta”.

Mandai una mail descrivendo l’evento programmato per novembre 2021, risposero in 3 manifestando la volontà di presenziare: Diegone, la Fra, e Andrea. Un gruppo piccolo, ma denso. Perfetto. Assolutamente perfetto per questo momento.

Novembre arrivò, ci incontrammo tutti in Piemonte dal buon seba e mettemmo mano all’orto di “amphagis” ( il suo glorioso podere ). Per l’occasione presenziò anche il dolce Fifo, altrimenti conosciuto come Pimpiorl Zion ( all’anagrafe Luigi ), e furono giorni indimenticabili.

Questo primo capitolo delle “cronache di amphagis” merita un tempo appositamente dedicato. In quella settimana abbiamo realizzato molti filmati, per un ammontare di circa 1 terabyte di files. In altre parole, abbiamo abbastanza materiale per editare una mini serie a puntate, e stiamo cercando il momento giusto per montare il tutto. Arriveremo anche a questo, e sarà glorioso. Lo sento. Ne ho fiducia.

Per ora, però, non posso fare a meno di dire quanto sia stato prezioso poter incontrare dal vivo delle anime così belle, precedentemente conosciute ‘solo’ attraverso mezzi virtuali. Anche in questo caso è stato come ritrovare delle antiche amicizie. Ci stavamo vedendo per la prima volta, ma ci conoscevamo già, profondamente.

Questa percezione mi ha confermato l’immenso potenziale che abbiamo, in qualità di donne e uomini vivi, nel poter connetterci e instaurare risonanze, simbiosi, alchimie, prima di tutto in un piano di esistenza che trascende la materia e la condivisione di un momento spazio-tempo.

In altre parole, quell’incontro è stato come veder germogliare un seme che era, evidentemente, stato seminato molto tempo prima, durante tutti gli eventi avvenuti online in cui abbiamo respirato a pieni polmoni e ad alto volume il nostro potenziale umano costruttivo.

Quei giorni passarono, fin troppo velocemente, ma lasciarono un segno profondo, bello, lucente, florido. Ci salutammo con la volontà di rivederci, di ripetere l’esperienza a distanza di qualche luna, così da poter dare continuità al frutto del nostro lavoro (che per la cronaca, è stato un lavoro veramente glorioso e monumentale, ricco di minime lavorazioni, ammendamenti organici, piantumazioni funeste di pattern 1, e chi più ne ha più ne metta).

Ci salutammo, rimettendoci ognuno verso la propria strada di casa, contemplando allo stesso tempo un senso di inevitabilità e di ingiustizia. Nessuno di noi avrebbe voluto questa separazione, ma la fiducia di una possibilità futura rende tutto più dolce.

Mentre in furgone col buon Fifo torniamo dal Piemonte alle terre romagnole, attraversando lande plumbee e galaverniche, contemplo il fatto che questa esperienza è stata completamente diversa rispetto a tutte quelle vissute in precedenza.

Ognuno di noi sapeva già cosa fare, non c’è stato bisogno di spiegare nulla, ci eravamo già spiegati tutto durante gli incontri online, e questa occasione è stata la pura volontà di mettere in pratica, fianco a fianco, mano nella mano, occhi negli occhi (e tanto, tanto sudore).

Rientro all’orto entelekia con una consapevolezza aggiornato su quanto sia stato giusto mettere energia negli incontri online, e di come questi tornino utili quando si ritorna a mettere le mani nella terra ed il cuore nelle esperienze dal vivo.

Passa il tempo, anzi, noi passiamo nel tempo, mentre le lune si susseguono ed interiormente porto vivido il ricordo indelebile di questa avventura, misto alla voglia del prossimo capitolo.

La veste autunno-invernale incomincia a trasmutare in un nuovo ciclo di rinascita, con il movimento delle gemme, le fioriture abbondanti ed il tripudio danzante degli insetti impollinatori. Seba ed io iniziamo a ragionare su un potenziale momento buono per il nuovo evento. Maggio ? – ipotizzo – poiché potremmo sfalciare il sovescio piantato a novembre e impiantare tutto l’orto estivo (l’agognato pattern 3). Inoltre – aggiungo – si potrebbe pensare anche a una successiva data di Agosto, così da raccogliere tutte le leguminose, le alliacee ed il grano (il monumentale pattern 1) e sostituirlo con la roba per l’orto autunnale del pattern 2 (finocchi, cavoli, radicchi, porri ecc.).

Ci accordiamo su questo bel programmino, che di fatto non fa altro che far ridere l’universo. Il flusso degli eventi si dispone ben presto in modo da farci saltare la data di maggio, ma la volontà di vederci è forte e scegliamo di non aspettare agosto.

Scegliamo di attuare un’ode alla mediazione, identificando in Giugno un momento tattico in cui poter fare quello che c’è da fare (raccolta di ciò che si era piantato a novembre) essendo però ancora in tempo per una piantumazione di orto estivo tardivo (pattern 3).

Ebbene, in questo modo sollecitato, cavalcando l’onda della riapertura sociale e delle fioriture antropologiche, questa volta concordiamo la volontà di aprire l’invito “al pubblico” del progetto campomadre, e così in 2 e 2 quattro realizzo un piccolo video per comunicare questo lieto evento.

“Mani nella terra” è il codice linguistico che codifica la radice fondamentale di questa iniziativa, all’inno dell’esperienza condivisa, del reciproco insegnamento, trascendendo completamente tutte le logiche dei “corsi” a cui ormai sono allergico.

Un evento aperto a tutti coloro che sentono risonanza con questa possibilità, nella consapevolezza che non ci sarà un insegnante a impartire saggezza agli altri, ma anzi, dove tutti potranno imparare da tutti nel libero confronto.

E così, qualcuno rispose a quel richiamo, mentre la fioritura degli alberi cedevano il passo alla fruttificazione e la stella madre diveniva via via sempre più forte. Man mano che si avvicinavano le date, a volte mi domandavo “ma con questo caldo, chi potrà mai voler venire a fare della fatica in un orto ? saranno pur tutti al mare!”

Ed arrivò il giorno, il buon Fifo (anche conosciuto come Pimpiorl Zion o Luigi) ed io partimmo dall’orto entelekia alla volta del Piemonte sul suo ruggente furgone.

il buon fifo e il buon alì

Fluttuammo attraverso le pianure obnubilate, distorte dalla rovente ferocia dei raggi della stella madre. Poco dopo una prima sosta di rifornimento, facemmo una piccola e doverosa deviazione fino alla stazione di arrivo della dolce Fra, partita alla mattina presto dal Lazio per scavallare gli appennini e mettere il piede, per la prima volta, in terra bolognese.

“siamo in arrivo a bologna centrale”

Fifo ed io compiamo un vero e proprio miracolo ( soprattutto fifo ) ovvero quello di trovare parcheggio, abbastanza vicino alla stazione, sufficientemente grande per il suo furgone ruggente. Al bordo del parcheggio c’è un cartello che avvisa l’entrata in vigore del divieto di sosta alle ore 13, ma sono ancora le 10 e quindi andiamo super tranquilli!

Raggiungiamo l’atrio della stazione, scrutiamo lo spazio in molteplici e progressivi livelli di profondità, scansionando tutto il regno del possibile nel tentativo di riconoscerla nel fiume di viandanti.

Mi ingegno e la chiamo, onorando la tecnologia. Nel momento in cui risponde la vedo uscire dall’atrio dell’ala ovest. Alzo un braccio per farmi vedere e intanto metto giù il telefono, subito dopo aver detto “ti ho vista”.

Ritrovare la dolce Fra in questo Giugno è un lieto evento. Poter nuovamente guardarla negli occhi mi evoca un senso di riconciliazione. Riabbracciandola sento un misto di inevitabilità e giustezza.

Iniziamo un sapido pellegrinaggio, a volte esposti agli impetuosi raggi della stella madre, a volte protetti dai proverbiali portici bolognesi. Vaghiamo alla ricerca di un bar “onesto”, come dice il buon Fifo, in cui poter trovare “storie pregie” per la dolce Fra, affinché possa ricaricarsi.

Mentre camminiamo resto in ascolto, ci osservo, nella materia ed anche in qualcosa che va oltre ad essa. Ascolto l’emozione che mi suscita essere con Fifo e Fra, e non potrei descriverla in altro modo se non “completezza”. Essere nuovamente con entrambi mi fa sentire di essere al posto giusto, con le due anime giuste. Un sentore di gloriosa adunanza. Una coalizione, uniti tutti dallo stesso intento, la cui radice ha origine nel cuore.

È inestimabile, è sorprendente, è una bellissima sorpresa che accolgo con fiducia.

In fine troviamo il bar “onesto” e facciamo rifornimento di costellazioni organolettiche allo stato solido e liquido (brioches e succo di mirtillo) e torniamo al furgone, che nel frattempo ha vertiginosamente sfiorato l’orario del divieto di sosta. “Fìuf!” esclama Fifo, intendendo “per un pelo!” con agginta di gratitudine verso il grande flusso che tutto regola nell’armonia.

Ripartiamo alla volta del Piemonte, sentendoci e riconoscendoci come il nucleo vibrante e compatto del team entelekia seeds 1957, immersi in una bolla di grazia che illumina e protegge la nostra missione.

Fifo, Fra e Alì, pieni di grazia

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